domenica 12 giugno 2016

Pensione con part-time agevolato

Dal 2 giugno 2016 è diventato operativo il decreto che disciplina le modalità di riconoscimento del part­-time agevolato, introdotto da una norma contenuta nella legge di stabilità 2016.­

Requisiti e condizioni per il part-time agevolato:

Potranno usare questa possibilità i lavoratori del settore privato con contratto a tempo pieno e
indeterminato con almeno 20 anni di contributi, che maturino il requisito anagrafico per la
pensione di vecchiaia entro il 31 dicembre 2018.­

Misura e durata:

Sarà possibile concordare con il datore di lavoro il passaggio al part­-time agevolato, con una riduzione dell’orario di lavoro tra il 40 ed il 60%, fino al raggiungimento del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia, ricevendo ogni mese in busta paga, in aggiunta alla retribuzione per il part-time, una somma esentasse pari ai contributi previdenziali a carico del datore di lavoro sulla retribuzione per l’orario non lavorato.­

Agevolazioni contributive:

Inoltre, per il periodo di riduzione della prestazione lavorativa, lo Stato riconosce al lavoratore la
contribuzione figurativa sulla prestazione non effettuata in modo che non si riduca l’importo della
pensione.

Modalità di erogazione:

Il lavoratore interessato deve richiedere all’INPS per via telematica se è in possesso del pin, o
tramite un patronato, la certificazione che attesta il possesso del requisito contributivo e la
maturazione di quello anagrafico entro il 31 dicembre 2018.­

Stipula nuovo contrato:

Dopo il rilascio della certificazione da parte dell’INPS, il lavoratore ed il datore di lavoro stipulano
un contratto di lavoro a tempo parziale agevolato nel quale viene indicata la misura della riduzione di orario, con comunicazione all'INPS e alla Direzione territoriale del lavoro della stipulazione del contratto e della relativa data di cessazione.­

Requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia:

Donne:
Anno 2016 = 65 anni + 7 mesi
Anno 2017 = 65 anni + 7 mesi
Anno 2018 = 66 anni + 7 mesi
Uomini:
Anno 2016 = 66 anni + 7 mesi
Anno 2017 = 66 anni + 7 mesi
Anno 2018 = 66 anni + 7 mesi

Chi può e chi non può accedere:

  • Possono accedere al part­-time pensionistico anche i lavoratori del settore agricolo
  • Possono accedere al part­-time pensionistico anche i dipendenti di enti pubblici economici
  • Possono accedere al part­-time pensionistico anche i dipendenti da datori di lavoro non imprenditori (associazioni culturali, politiche o sindacali, associazioni di volontariato, studi professionali).
  • Non possono accedere al part­-time pensionistico i lavoratori del pubblico impiego
  • Non possono accedere al part­-time pensionistico i lavoratori con contratto di collaborazione a progetto, di lavoro domestico, di lavoro intermittente, di lavoro a domicilio.­

Benefici per il lavoratore e per il datore di lavoro:

Per un lavoratore che sigla un contratto al 50% la retribuzione in busta paga sarà del 78% (mentre l'impresa ha una riduzione del costo del lavoro del 41%) mentre per quel lavoratore che ha un contratto al 60% (24 ore su 40 alla settimana) la retribuzione in busta paga sarà dell'84% (per l'impresa la riduzione del costo del lavoro sarà del 33%). Ciò è possibile perché il decreto prevede che il datore di lavoro paghi in busta paga esentasse la contribuzione per le ore non lavorate. E per il lavoratore non ci sarà alcuna penalizzazione poiché sul fronte dell'assegno pensionistico dato che per il periodo di part-time agevolato è assicurata la contribuzione figurativa.­

Termine entro il quale debbono essere raggiunti i requisiti:

L'agevolazione è riconosciuta ai lavoratori del settore privato con contratto a tempo pieno e
indeterminato con almeno 20 anni di contribuzione già maturati al momento nel quale si esercita
l'opzione e il requisito dell'età di vecchiaia da raggiungere entro il 2018. L'età pensionabile va
raggiunta entro il dicembre 2018, mentre i 20 anni di anzianità contributiva devono essere
posseduti al momento della stipula dell'accordo. Sono invece esclusi dall'incentivo i lavoratori che
maturano nel periodo solo i requisiti per la pensione anticipata (42 anni e 10 mesi di contributi per
gli uomini, 41 e 10 mesi per le donne) dato che nella norma c'è un riferimento esplicito ai requisiti
per il pensionamento di vecchiaia. Quindi potranno chiedere al datore di lavoro di trasformare il
proprio contratto in uno di part-time agevolato solo quei lavoratori che raggiungeranno entro il
2018 i 66 anni e sette mesi e quindi in pratica chi a fine aprile 2016 avrà almeno 63 anni e 11 mesi.

Se vuoi avere informazioni più dettagliate e personalizzate puoi rivolgerti alla sede CGIL più vicina; troverai indirizzi e numeri di telefono sul sito “www.cgil.it
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lavoratori.­

lunedì 2 maggio 2016

Aliquote e Detrazioni IRPEF

Di seguito riportiamo le aliquote e detrazioni IRPEF

IMPOSTA PER SCAGLIONI DI REDDITO 

N. da euro         fino a     Al.%    Modalità di calcolo
0.001,00      15.000,00    23%     calcolare la percentuale del 23% sull'intero importo
15.001,00    28.000,00    27%       3.450,00 + 27% sulla parte eccedente 15.000,00
28.001,00    55.000,00    38%       6.960,00 + 38% sulla parte eccedente 28.000,00
55.001,00    75.000,00    41%     17.220,00 + 41% sulla parte eccedente 55.000,00
75.001,00                        43%     25.420,00 + 43% sulla parte eccedente 75.000,00

DETRAZIONI PER LAVORO DIPENDENTE     

Reddito complessivo annuo:
     da euro      sino euro             Importo annuo euro
  0.001,00       8.000,00             1.880
  8.001,00     28.000,00             978 + 902 x (28.000 – RC : 20.000)
28.001,00     55.000,00             978 x (55.000 – RC : 27.000)

DETRAZIONI PER REDDITI DA PENSIONE FINO A 75 ANNI DI ETÀ

Reddito complessivo annuo
  da euro        sino euro       Importo annuo euro
  0.001,00       7.500,00       1.725
  7.501,00     15.000,00       1.255 + (470 x ((15.000 – RC ) : 7.500))
15.001,00     55.000,00       1.255 x ((55.000 – RC) : 40.000))

DETRAZIONI PER REDDITI DA PENSIONE OLTRE 75 ANNI DI ETÀ
Reddito complessivo annuo
  da euro         sino euro      Importo annuo euro
  0.001,00       7.750,00      1.783,00.
  7.751,00     15.000,00      1.297 + (486 x ((15.000 – RC) : 7.250))
15.001,00     55.000,00      1.297 x ((55.000 – RC) : 40.000)

DETRAZIONI PER REDDITI DA LAVORO AUTONOMO ANNO 2016


Reddito complessivo annuo
da euro        sino euro       Importo annuo euro
0.001,00        4.800,00      1.104
4.801,00      55.000,00      1.225 x ((55.000 – RC) : 50.200)

DETRAZIONI PER IL CONIUGE A CARICO 

Limite annuale di reddito euro 2.840,51.-
Reddito complessivo annuo
da euro sino euro Importo annuo euro
00.001,00     15.000,00     800 – (110x (RC : 15.000))
15.001,00     29.000,00     690
29.001,00     29.200,00     700
29.201,00     34.700,00     710
34.701,00     35.000,00     720
35.001,00     35.100,00     710
35.101,00     35.200,00     700
35.201,00     40.000,00     690
40.001,00     80.000,00     690 x ((80.000 – RC) : 40.000)


DETRAZIONI PER I FIGLI A CARICO 

A decorrere dall’1.1.2019 e solo  per i figli di età non superiore a 24 anni il limite di reddito complessivo per essere considerati fiscalmente a carico è elevato da 2.840,51 a 4.000 euro.

La detrazione prevista per ciascun figlio a carico:
Per ciascun figlio di età superiore a 3 anni è di  950,00 euro.-
Per ciascun figlio di età inferiore a 3 anni è di 1.220,00 euro.-
Per ciascun figlio con disabilità di età superiore a 3 anni è di 1.350,00 euro.-
Per ciascun figlio con disabilità di età inferiore a anni è di 1.620,00 euro.-
Nel caso in cui i figli a carico sono più di 3 le stesse detrazioni sono aumentate di 200,00 euro per ciascun figlio e pertanto risultano pari a:
Per ciascun figlio di età superiore a 3 anni è di  1,150,00 euro.-
Per ciascun figlio di età inferiore a 3 anni è di 1.420,00 euro.-
Per ciascun figlio con disabilità di età superiore a 3 anni è di 1.550,00 euro.-
Per ciascun figlio con disabilità di età inferiore a anni è di 1.820,00 euro.-
Le detrazioni per i figli a carico sono solo teoriche in quanto la detrazione effettivamente spettante diminuisce con l’aumentare del reddito:
1 figlio di età inferiore a 3 anni = 1.220 x (95.000 – reddito complessivo) : 95.000.-
1 figlio di età superiore a 3 anni = 950 x (95.000 – reddito complessivo) : 95.000.-
2 figli di età inferiore a 3 anni = 1.220 x (110.000 – reddito complessivo) : 110.000.-
2 figli di età superiore a 3 anni = 950 x (110.000 – reddito complessivo) : 110.000.-
3 figli di età inferiore a 3 anni = 1.220 x (125.000 – reddito complessivo) : 125.000.-
3 figli di età superiore a 3 anni = 950 x (125.000 – reddito complessivo) : 125.000.-
4 figli di età inferiore a 3 anni = 1.420 x (140.000 – reddito complessivo) : 140.000.-
4 figli di età superiore a 3 anni = 1.150 x (140.000 – reddito complessivo) : 140.000.-
5 figli di età inferiore a 3 anni = 1.420 x (155.000 – reddito complessivo) : 155.000.-
5 figli di età superiore a 3 anni = 1.150 x (155.000 – reddito complessivo) : 155.000.-

Per chi avesse bisogno di consultare i valori degli anni passati, è disponibile il nostro articolo su Aliquote e Detrazioni IRPEF degli anni scorsi.


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martedì 29 marzo 2016

Dimissioni Telematiche

Dimissioni telematiche 2016


A partire dal 12 marzo 2016 le dimissioni volontarie e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro dovranno essere effettuate in modalità esclusivamente telematiche, tramite una procedura online accessibile dal sito Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Il Decreto Ministeriale del 15 dicembre 2015, in base alla previsione contenuta nel Decreto Legislativo n.151/2015, definisce le suddette modalità e individua il modulo delle dimissioni e della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, la loro revoca, gli standard, le regole tecniche per la compilazione del modulo e per la sua trasmissione al datore di lavoro e alla Direzione territoriale del lavoro competente.

Restano fuori, dal campo di applicazione della norma, il lavoro domestico, i casi di risoluzione a seguito di conciliazione stragiudiziale e le ipotesi di convalida presso le DTL previste dall’art.55 comma 4 del D.lgs. 151/2001 relative ai genitori lavoratori.

È possibile procedere personalmente oppure per mezzo di soggetti abilitati che sono patronati, organizzazioni sindacali, commissioni di certificazione ed enti bilaterali. Rispetto alle commissioni di certificazione costituite presso le DTL sono stati forniti alcuni chiarimenti sulla loro attività di assistenza con la Nota direttoriale del 24 marzo 2016.

Per procedere senza l’assistenza dei soggetti abilitati, è necessario avere il PIN dispositivo dell’INPS. Se ancora non si è in suo possesso, è possibile richiederlo collegandosi al portale dell’Istituto o recandosi presso una delle sue sedi territoriali.

Si potrà così accedere al form online per la trasmissione della comunicazione. Verranno chiesti alcuni dati identificativi; per i rapporti di lavoro instaurati a partire dal 2008 si recupereranno automaticamente i dati relativi alla comunicazione obbligatoria di avvio/proroga/trasformazione o rettifica più recente.

Mentre, per i rapporti instaurati prima del 2008, si dovranno indicare alcuni dati del datore, in particolare il codice fiscale, il comune della sede di lavoro e l’indirizzo email o PEC . Si passerà poi a selezionare la tipologia di comunicazione (dimissioni volontarie, risoluzione consensuale o revoca) con la data di trasmissione (marca temporale).

Una volta confermati i dati inseriti, il modello potrà essere salvato in formato PDF e sarà inviato automaticamente al datore di lavoro e alla Direzione territoriale competente, dal seguente indirizzo di sistema dimissionivolontarie@pec.lavoro.gov.it.

È possibile annullare la procedura. Il modello salvato sarà associato ad un codice identificativo e alla marca temporale. Tali dati saranno richiesti qualora si decidesse di revocare le dimissioni o la risoluzione consensuale già inoltrate, entro 7 giorni dalla comunicazione.

È disponibile un supporto per gli utenti e gli operatori. Per quesiti sull'utilizzo della procedura è possibile scrivere a dimissionivolontarie@lavoro.gov.it. Se si riscontrano dei problemi nella fase di registrazione a Cliclavoro è disponibile il servizio di assistenza tecnica: clic4help@lavoro.gov.it


Dimissioni - Validità ed efficacia

Nell'ordinamento giuridico italiano, le dimissioni si configurano come una facoltà del lavoratore, che può essere esercitata senza alcun limite, con il solo rispetto dell'obbligo di dare il preavviso previsto dai contratti collettivi.

Le dimissioni consistono in un atto volontario del lavoratore. La volontà del dipendente non deve quindi essere viziata (ad esempio da altrui minacce o raggiri, da errore, da incapacità), pena l'annullabilità dell'atto.

L'atto ha effetto al momento in cui viene a conoscenza del datore di lavoro. Non rileva in alcun modo l'eventuale dissenso del datore. L'eventuale revoca delle dimissioni è efficace, secondo le regole generali (art. 1328 c.c.), solo se è comunicata al datore di lavoro prima che quest'ultimo abbia avuto notizia dell'atto di recesso.

La legge italiana non prevedeva forme particolari per le dimissioni, che potevano, quindi, essere presentate anche oralmente. I requisiti di forma sono, però, spesso dettati dai contratti collettivi, che possono imporre l'onere della forma scritta a tutela del lavoratore.


Dimissioni e licenziamento

Sia le dimissioni che il licenziamento comportano la cessazione del rapporto di lavoro.

Le conseguenza giuridiche dei due atti sono però profondamente diverse, specie sotto il profilo della tutela del dipendente. In caso di dimissioni, il lavoratore non ha diritto all'eventuale indennità di mancato preavviso (salvo il caso di dimissioni per giusta causa), nonché alla tutela specifica predisposta contro i licenziamenti illegittimi. Inoltre, in caso di dimissioni, non vi è l'indennità di disoccupazione erogata dall'INPS.


Dimissioni per "giusta causa"

In presenza di un grave inadempimento del datore di lavoro che rende impossibile la prosecuzione anche solo provvisoria del rapporto (es. mancata osservanza delle norme sulla sicurezza, demansionamento, condotte gravemente lesive dell'onore e della reputazione, reiterato mancato pagamento della retribuzione, ecc.), il lavoratore può dimettersi per giusta causa, senza l'obbligo di dare il preavviso.

Al lavoratore dimissionario per giusta causa spetta l'indennità sostitutiva del preavviso, come se fosse stato licenziato. Egli può inoltre richiedere l'indennità ordinaria di disoccupazione (ASPI o Mini Aspi), in quanto il sopravvenuto stato di disoccupato non gli è imputabile.

In tali frangenti è molto probabile la fase contenziosa con il datore di lavoro che non vuole riconoscere l'esistenza dei presupposti per le dimissioni per giusta causa: vi potrà perciò essere la necessità di un procedimento giudiziale che accerti la sussistenza dei requisiti che la giustificano. Il lavoratore può essere assistito nel processo con il gratuito patrocinio in presenza dei requisiti reddituali.

Casi che costituiscono giusta causa:
  • Mancato o ritardato pagamento delle retribuzioni (cass. n. 1339 del 23/02/1983).- 
  • Molestie sessuali 
  • Comportamento ingiurioso del datore di lavoro nei confronti del lavoratore 
  • Richiesta di comportamenti illeciti 
  • Richiesta di disattendere una legge dello stato 
  • Azioni intimidatorie lesive della volontà del lavoratore 
  • Mancato versamento dei contributi previdenziali 
  • Mancata osservanza delle norme di sicurezza 

Dimissioni incentivate

Il datore di lavoro può favorire le dimissioni del dipendente offrendo un incentivo economico per lasciare il posto di lavoro. Tale condotta è considerata lecita in quanto l'iniziativa del datore di lavoro non priva il lavoratore della sua libertà di scelta.

Il rapporto di lavoro si estingue nel momento in cui il datore, ricevute le dimissioni, dà seguito al suo impegno corrispondendo al dipendente la somma offerta, oltre alle competenze retributive maturate.


Preavviso

La durata del tempo che intercorre tra il preavviso e le dimissioni effettive è diversa a seconda della tipologia del contratto collettivo di riferimento, del livello di inquadramento e dell’anzianità di servizio. In mancanza di norme specifiche al riguardo, si fa normalmente ricorso agli usi o all’equità.

Se il lavoratore si dimette senza dare il preavviso, deve versare al datore di lavoro una indennità di mancato preavviso, corrispondente all’importo delle retribuzioni che sarebbero spettate per il periodo di preavviso non lavorato. Il datore di lavoro può rinunciare espressamente al preavviso, pagando l’indennità sostitutiva, sempre che il lavoratore sia favorevole.

Tale periodo resta sospeso in caso di malattia, di infortunio, di ferie o di maternità, e riprende a decorrere una volta che sia cessata la causa.

Le dimissioni sono invece immediate, pertanto senza necessità del periodo di preavviso, nei seguenti casi:
  • durante il periodo di prova; 
  • nei casi in cui si verifica una "causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto" (articolo 2119 c.c.), cioè il recesso per giusta causa. 

Casistica in base ai contratti

  • Contratto a tempo determinato: non è previsto l'istituto del preavviso ed il recesso anticipato; in questi casi, il contratto obbliga la parte che recede a risarcire il danno all’altra, salvo il caso di dimissioni per giusta causa; le dimissioni anticipate del lavoratore comportano pertanto il risarcimento del danno al datore di lavoro.
  • Collaborazione a progetto: il rapporto di lavoro parasubordinato può essere rescisso in qualunque momento dalle due parti, salvo accordi specifici, finalizzati a fissare per iscritto un preavviso da rispettare per entrambe le parti.
  • Lavoro temporaneo: il rapporto di lavoro interinale può assumere la forma determinata o indeterminata, quindi in caso di dimissioni segue le regole previste per le tipologie corrispondenti.


Dimissioni nel primo anno di vita del bambino

La lavoratrice madre dimissionaria gode dell’ASPI solo nel primo anno di vita del bambino.

Il Ministero del lavoro, nell’interpello n. 6/2013, ha dichiarato che la lavoratrice madre che si dimetta dal lavoro ha diritto all’Aspi solo se rassegna le dimissioni entro il primo anno di vita del bambino, periodo durante il quale vige il divieto di licenziamento il datore di lavoro. A nulla rileva, in altre parole, che la riforma Fornero abbia esteso il periodo di convalida delle dimissioni da uno a tre anni di vita del figlio.


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