mercoledì 17 giugno 2020

Eredità e Successioni

1) IL DIRITTO EREDITARIO:

Nel diritto ereditario i rapporti trasmissibili sono quelli che non si estinguono con la morte del soggetto. Quindi in via generale si trasmettono i diritti patrimoniali assoluti (proprietà, altri diritti reali e le relative azioni), tranne quelli personalissimi come l’usufrutto, l’uso, l’abitazione, che si estinguono con la morte del loro titolare. Contratti e obbligazioni pure si trasmettono, purché non fondati sulle qualità personali della parte; così pure i rapporti inerenti all’azienda, di cui il de cuius fosse titolare.

2) LA SUCCESSIONE:
La successione ereditaria che si apre al momento del decesso della persona nel luogo del suo ultimo domicilio, determina il trasferimento delle posizioni giuridiche, attive o passive, dal defunto al successore.-
Il diritto ereditario disciplina tre tipi di successione:
- testamentaria: il defunto ha disposto nell’atto di testamento, l’assegnazione del proprio patrimonio agli eredi ed eventualmente ai legatari;
- legittima: in mancanza di un testamento o nel caso di un testamento successivamente dichiarato invalido, interviene la legge ad individuare gli eredi nelle persone degli stretti congiunti del defunto e ad assegnare loro i beni dell’asse ereditario. La successione legittima può svolgere una funzione residuale rispetto a quella testamentaria, applicandosi per quei beni eventualmente esclusi dal testamento. In altri termini, se il testamento non disciplina l’intera successione, questa sarà in parte testamentaria e in parte legittima;
- necessaria: è prevista quando il testatore abbia disposto dei propri beni, ma senza rispettare i diritti garantiti dalla legge ai congiunti più stretti, a cui spetta sempre di diritto una quota di eredità.
La dichiarazione di successione:
In presenza o meno di volontà espresse dal testatore, entro un anno dalla morte del de cuius,  gli eredi che hanno accettato, espressamente o tacitamente, l’eredità dovranno presentare all’Agenzia delle Entrate (ufficio locale dell’ultima residenza del defunto) la dichiarazione di successione che dal 01.01.2019 deve essere trasmessa solo telematicamente (è preferibile attraverso un soggetto delegato, commercialista o CAF), per velocizzare la procedura, il pagamento delle imposte dovute e l’automatica voltura catastale per gli immobili ereditati; a tal fine l’Agenzia delle Entrate rende disponibile sul proprio sito internet un programma software gratuito per la compilazione e l’invio con le necessarie istruzioni e l’elenco dei documenti da allegare.
Contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione il soggetto deve provvedere al pagamento delle imposte ipotecarie, catastali, di bollo, delle tasse ipotecarie e dei tributi speciali in autoliquidazione, potendo ottenere dopo i controlli dell’Ufficio una ricevuta e copia semplice della dichiarazione di successione con gli estremi di registrazione, comunque inserita nel “cassetto fiscale” del contribuente.
Per quanto riguarda il contenuto della dichiarazione di successione essa deve comprendere tutti i beni e i diritti che spettavano al defunto, ossia i beni mobili, immobili, titoli al portatore, contanti, valori preziosi, rendite, pensioni, crediti, liquidazioni quote societarie, azioni, obbligazioni, quote sociali, aziende, BOT e CCT anche se esenti dall’imposta di successione. Non devono essere dichiarate in successione le indennità di fine rapporto del prestatore di lavoro e quelle spettanti agli eredi per assicurazioni previdenziali obbligatorie o sulla vita.
Chi non deve presentare la dichiarazione di successione:
Sia il coniuge e i parenti in linea retta a cui è stato devoluto un attivo ereditario non superiore a € 100.000,00, senza beni immobili o diritti reali immobiliari su fabbricati o terreni, sia  chi ha rinunciato all’eredità e al legato,  non deve presentare la dichiarazione di successione.

3) SUCCESSIONE LEGITTIMA:
Quando non c’è un testamento, l’eredità si devolve per legge al coniuge, ai figli e ai parenti fino al sesto grado; in mancanza di questi soggetti eredita lo Stato che risponderà dei debiti ereditari solo entro il limite dei crediti che rientrano nel patrimonio ereditario.
I familiari che ereditano per legge sono:
Coniuge
Figli
Fratelli (se mancano i figli)
Ascendenti (se mancano i figli)
Altri parenti entro il 6° grado (solo se unici eredi)
Nell’eventualità di premorienza degli eredi legittimi, succedono i parenti più prossimi di grado, nel rispetto della quota originariamente spettante all’erede.-

Eredi:
Coniuge (in mancanza di figli e senza fratelli e ascendenti) = intera eredità
Coniuge + figlio unico = 50% per ciascuno
Coniuge + due figli = 33,3% per ciascuno
Coniuge + tre o più di tre figli = 33,3% per il coniuge + 66,6% in parti uguali per i figli
Coniuge + ascendenti = 66,6% conBlice123Bliceiuge + 33,3% ascendenti
Coniuge + fratelli = 66,6% coniuge + 33,3% fratelli
Coniuge + ascendenti + fratelli = 66,6% coniuge + 25% ascendenti + 8,33% fratelli
Figlio (senza coniuge) = intera eredità
Più figli (senza coniuge) = intera eredità in parti uguali
Ascendenti (senza coniuge, senza figli e senza fratelli) = intera eredità
Fratelli (senza coniuge, senza figli, e senza ascendenti) = intera eredità in parti uguali
Ascendenti + fratelli (senza coniuge e senza figli) = 50% ascendenti + 50% fratelli
Altri parenti oltreil 6° grado (se unici eredi) = intera eredità in parti uguali ai parenti di grado più prossimo.-

4) SUCCESSIONE TESTAMENTARIA:

La successione testamentaria è regolata dal testamento, ossia da un atto con il quale il soggetto dispone dei suoi averi, o parte di essi, per il tempo in cui avrà cessato di vivere.

La quota di legittima rappresenta la parte dell’eredità che deve andare comunque ai parenti indicati, anche contro la volontà del de cuius. Nell’ordinamento successorio italiano è infatti vietato “diseredare” alcuni parenti (i più prossimi, vedi sotto).

La quota disponibile è, invece, la parte di eredità che il testatore può lasciare a chiunque, ivi compresi chiaramente anche agli eredi già beneficiari della quota di legittima (legittimari). In questa circostanza, la quota disponibile va ad accrescere la quota legittima.

I familiari che ereditano per testamento sono:
  • Coniuge
  • Figli
  • Ascendenti (se mancano i figli)
In questo tipo di successione, a differenza della prima (ex legge), i fratelli del de cuius non rientrano tra gli aventi diritto.

Anche nella successione con testamento vale la regola che, nell’eventualità di premorienza degli eredi legittimari, succedono i parenti più prossimi di grado, nel rispetto della quota originariamente spettante all’erede.


Eredi:

Coniuge (in mancanza di figli e senza ascendenti) = 50% coniuge + 50% quota disponibile
Coniuge + figlio unico = 33,3% coniuge + 33,3% figlio + 33,3% quota disponibile
Coniuge + 2 o più figli = 25% coniuge + 50% in parti uguali tra i figli + 25% quota disponibile
Coniuge + ascendenti (senza figli) = 50% coniuge + 25% ascendenti + 25% quota disponibile
Figlio unico senza coniuge = 50% figlio + 50% quota disponibile
Più figli senza coniuge = 66,6% in parti uguali tra i figli + 33,3% quota disponibile
Ascendenti senza coniuge e senza figli = 33,3% ascendenti + 66,6% quota disponibile
Senza coniuge senza figli e senza ascendenti = 100% quota disponibile

Imposta di Successione:

Le aliquote dell'imposta di successione sono le seguenti:
4% se i  beneficiari sono il coniuge e parenti in linea retta, sul valore netto che supera, per ciascun beneficiario 1 milione di euro.-
6% per i beni devoluti a fratelli e sorelle, sul valore che eccede, per ciascun beneficiario, la franchigia di 100 mila euro.-
6% per gli altri parenti fino al quarto grado, gli affini in linea retta, nonchè gli affini in linea collaterale fino al terzo grado come, ad esempio, cugini di primo grado, suoceri, cognati, nipoti e zii.-
8% per tutti gli altri soggetti, tra cui rientrano i conviventi. I parenti in linea retta sono i genitori e i  figli naturali e adottati e i rispettivi ascendenti e discendenti in linea retta.-     
Se il beneficiario è un portatore di handicap, l'imposta si sulle successioni si applica solo sul valore della quota o del legato che supera 1 milione e mezzo di euro.-
Se per esempio Tizio muore lasciando ai due figli eredi un immobile del valore complessivo di 1 milione e mezzo di euro, nessuno pagherà l'imposta di successione, ma saranno dovute solo le imposte relative al trasferimento (imposta ipotecaria e catastale, imposta di bollo e tassa ipotecaria. I figli dovranno presentare la dichiarazione di successione entro 12 mesi dalla data del decesso del padre.-


Grado di parentela:
1° = genitore – figlio
2° = nonno – nipote (figlio di figlio) – fratello
3° = zio – nipote (figlio di fratello)
4° = 1° cugino
5° = 2° cugino – figlio di 1° cugino
6° = figlio di 2° cugino


5) Il Matrimonio: Comunione e Separazione dei Beni

La legge n. 151 del 19 maggio 1975 stabilisce che quando una coppia si unisce in matrimonio si applichi automaticamente il regime patrimoniale della comunione dei beni.
Al momento del matrimonio, sia che si tratti di rito civile che religioso, gli sposi possono derogare la norma scegliendo il regime patrimoniale della separazione dei beni. La scelta deve essere dichiarata, al termine della cerimonia, all’ufficiale di stato civile o al sacerdote, inoltre può essere comunicata anche al momento della richiesta delle pubblicazioni di matrimonio.
La scelta del regime patrimoniale della separazione dei beni viene annotata a margine dell’atto di matrimonio.
Se gli sposi non dichiarano questa scelta, la legge considera automaticamente, come regime patrimoniale familiare, la comunione dei beni.
Qualsiasi variazione successiva deve avvenire davanti ad un notaio con atto pubblico.
Per coloro che hanno contratto matrimonio prima del 20.09.1975, si applica automaticamente, da tale data, il regime patrimoniale della comunione dei beni.

Comunione dei beni

Con il regime patrimoniale in comunione dei beni, i beni acquistati dai coniugi insieme o individualmente nel corso del matrimonio, entrano automaticamente a far parte di un unico patrimonio comune a entrambi che ne sono proprietari al 50% indipendentemente dall'apporto reale di ognuno.
Fanno parte del patrimonio comune:
  • i risparmi di ciascun coniuge accantonati durante la vita matrimoniale
  • gli acquisti compiuti dai coniugi dopo il matrimonio
I coniugi in regime di comunione legale dei beni possono agire con poteri disgiunti per il compimento di atti di ordinaria amministrazione, per quelli di straordinaria amministrazione devono, invece, agire congiuntamente. In caso di disaccordo si ricorrere alla decisione di un giudice.
Sono esclusi dal patrimonio comune (art. 177 - 178 e 179 del Codice Civile):
  • i beni personali di ciascun coniuge
  • i beni di ciascuno esistenti prima del matrimonio
  • i beni che ciascuno ha ricevuto dopo il matrimonio, per donazione o successione
  • i beni ottenuti a titolo di risarcimento danni o di pensione di invalidità al lavoro

Separazione dei beni

Con la separazione dei beni gli sposi mantengono la titolarità esclusiva non solo dei beni acquistati antecedentemente al matrimonio ma anche di quelli conseguiti durante il matrimonio.
Al coniuge proprietario dei beni spettano, in via esclusiva, il godimento e l'amministrazione degli stessi che può essere anche assegnata all'altro coniuge tramite una procura.
Rispetto alle necessità del nucleo familiare, entrambi i coniugi sono obbligati a contribuire alle spese ognuno proporzionalmente alle sue possibilità.


6) ACCETTAZIONE DELL'EREDITA':

La legge prevede diversi modi per accettare l’eredità:
  • Accettazione espressa
  • Accettazione tacita
  • Accettazione con beneficio d’inventario

Accettazione espressa: L’accettazione espressa consiste in una dichiarazione scritta dalla quale risulti l’intenzione di accettare l’eredità . L’accettazione può essere fatta o alla presenza di un notaio o anche con una semplice scrittura privata firmata e datata dall’accettante.-

Accettazione tacita: Si dice accettazione tacita quando l’erede a seguito di un suo comportamento chiaro ed inequivocabile, lascia intendere di avere accettato l’eredità, ad esempio appropriazione di beni ereditati, disposizione sugli stessi beni o promozione di un’azione spettante all’erede.-

Accettazione con beneficio d’inventario: In questo modo i debiti del de cuius vanno pagati ugualmente ma fino alla concorrenza del patrimonio del cuius. Quindi il patrimonio dell’erede non viene intaccato.-

In generale qualunque sia la modalità di accettazione, il chiamato all’eredità ha 10 anni di tempo per decidere se accettare o meno. Se entro 10 anni non si manifesta l’accettazione si perde ogni diritto sull’asse ereditario, che si devolve secondo le regole stabilite dalla legge.-


7) RINUNCIA ALL'EREDITA':


La rinuncia all'eredità è l’atto con il quale il chiamato all’eredità dichiara di non volerla accettare, ad esempio perché i debiti del defunto sono superiori ai crediti, In tale eventualità egli deve rinunciare espressamente per mezzo di una dichiarazione ricevuta dal notaio o effettuata dal Cancelliere del Tribunale circondario in cui si è aperta la successione, altrimenti si considera come non avvenuta.

La rinuncia all'eredità non può essere sottoposta ad una condizione o ad un termine, né può essere limitata solo ad una quota parte dell’eredità stessa. La rinuncia, a differenza dell’accettazione, è sempre revocabile; il rinunziante, se non è passato il termine di prescrizione di dieci anni, ha il diritto di accettare fino a che, in seguito al suo rifiuto, un chiamato di grado inferiore non abbia a sua volta accettato. Il chiamato all’eredità perde la facoltà di rinunciare se sottrae i beni ereditati o se comunque ha venduto o donato beni di appartenenza del defunto.

I rinuncianti si devono presentare personalmente, se maggiorenni. Nel caso di minorenni si devono presentare entrambi i genitori in loro rappresentanza. Nel caso di interdetti, inabilitati no minori, il tutore o il genitore deve chiedere l’autorizzazione per la rinuncia all’eredità del minore al Giudice Tutelare del luogo di residenza del minore o del tutore.

La rinuncia all'eredità deve farsi con dichiarazione ricevuta dal notaio o dal Cancelliere del Tribunale competente (cioè il Tribunale dell’ultimo domicilio del defunto), entro 3 mesi dalla morte se si è in possesso dei beni o entro 10 anni se non si è in possesso dei beni e non ha effetto se non è osservata la forma prescritta (art. 519 c.c.).-

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domenica 14 giugno 2020

Pensione di Vecchiaia - Sistema Contributivo

Soggetti interessati al calcolo della pensione di vecchiaia con sistema contributivo:
  1. I lavoratori con contribuzione versata a partire dal 1° gennaio 1996 i quali hanno tutto l'assegno determinato con il sistema di calcolo contributivo;
  2. I lavoratori in possesso di contribuzione alla data del 31 dicembre 1995 i quali hanno l'applicazione del sistema contributivo limitata alle sole anzianità maturate successivamente al 1° gennaio 2012 (se in possesso di almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995) oppure al 1° gennaio 1996;
  3. Le donne che esercitano l'opzione donna di cui all'articolo 1, comma 8, legge 23 agosto 2004, n. 243 e, in generale, i lavoratori che optano per la liquidazione della pensione con il calcolo contributivo secondo le regole attualmente vigenti o la cui pensione in forza di istituti di cumulo di periodi assicurativi è calcolata col contributivo.
I coefficienti di trasformazione sono valori che concorrono al calcolo della pensione con metodo contributivo. Grazie a questi valori il montante contributivo versato dal lavoratore durante la sua vita lavorativa viene trasformato nella pensione annua.

I coefficienti di trasformazione variano in base all'età anagrafica del lavoratore nel momento in cui consegue la prestazione previdenziale, a partire dall'età di 57 anni fino ai 71 anni. Maggiore è l'età del lavoratore, più elevati risulteranno anche i coefficienti di trasformazione.

Per i trattamenti di pensione liquidati a soggetti di età inferiore a 57 anni (assegno di invalidità, pensione ai superstiti) deve essere applicato il coefficiente di trasformazione previsto per i soggetti che abbiano compiuto i 57 anni.

Coefficienti di trasformazione:
Anno                                                  2021
Età      anni 57                                   4,186%          
Età      anni 58                                   4,289%          
Età      anni 59                                   4,399%          
Età      anni 60                                   4,515%          
Età      anni 61                                   4,639%          
Età      anni 62                                   4,770%          
Età      anni 63                                   4,910%          
Età      anni 64                                   5,060%          
Età      anni 65                                   5,220%          
Età      anni 66                                   5,391%          
Età      anni 67                                   5,575%          
Età      anni 68                                   5,772%          
Età      anni 69                                   5,985%          
Età      anni 70                                   6,215%
Età       anni 71                                   6,466%          

Coefficienti di trasformazione:
Anno                                                  2019-20
Età      anni 57                                   4,200%          
Età      anni 58                                   4,304%          
Età      anni 59                                   4,414%          
Età      anni 60                                   4,532%          
Età      anni 61                                   4,657%          
Età      anni 62                                   4,790%          
Età      anni 63                                   4,932%          
Età      anni 64                                   5,083%          
Età      anni 65                                   5,245%          
Età      anni 66                                   5,419%          
Età      anni 67                                   5,604%          
Età      anni 68                                   5,804%          
Età      anni 69                                   6,021%          
Età      anni 70                                   6,257%

Età       anni 71                                   6,513%

Coefficienti di trasformazione:

Anno                              2016-18
Età anni 57                     4,246%
Età anni 58                     4,354%
Età anni 59                     4,447%
Età anni 60                     4,589%
Età anni 61                     4,719%
Età anni 62                     4,856%
Età anni 63                     5,002%
Età anni 64                     5,159%
Età anni 65                     5,326%
Età anni 66                     5,506%
Età anni 67                     5,700%
Età anni 68                     5,910%
Età anni 69                     6,135%
Età anni 70                     6,378%


Il calcolo della prestazione:

Il calcolo della pensione con il sistema contributivo tiene conto esclusivamente dei contributi versati. Per effettuare il calcolo bisogna: 1) individuare la retribuzione annua dei lavoratori dipendenti o i redditi conseguiti dai lavoratori autonomi o parasubordinati; 2) calcolare i contributi di ogni anno sulla base dell'aliquota di computo (33% per i dipendenti; 23-24% per gli autonomi; vigente anno per anno per gli iscritti alla gestione separata); 3) determinare il montante individuale che si ottiene sommando i contributi di ciascun anno opportunamente rivalutati sulla base del tasso annuo di capitalizzazione derivante dalla variazione media quinquennale del PIL (prodotto interno lordo) determinata dall'Istat; 4) moltiplicare il montante contributivo per il coefficiente di trasformazione, che varia in funzione dell'età del lavoratore, al momento della pensione (dal 2016 oscillano da un minimo di 4,246% a 57 anni a 6,378% a 70 anni).

Requisiti necessari:

Pensione contributiva, applicabile sia ai trattamenti di vecchiaia sia alle pensioni anticipate.
1) La pensione di vecchiaia contributiva riguarda lavoratori che quando raggiungono l’età pensionabile (anno 220 = 66 anni e 11 mesi per lavoratori dipendenti del privato) non hanno perfezionato i requisiti contributivi (20 anni di contributi versati, e un assegno pari ad almeno 1,5 volte il minimo). Se hanno 5 anni di contributivi versati, nel 2020 accedono comunque a una pensione di vecchiaia con 71 anni di età.
2) La pensione anticipata contributiva è invece riservata a coloro che hanno 20 anni di contributi e un assegno pari ad almeno 2,8 volte l'importo dell'assegno sociale  (che per il 2020 è fissato a 459,83 euro): il requisito anagrafico 2020 è pari a 64 anni.-
3) Anche i lavoratori, al raggiungimento di 60 anni e 7 mesi di età, e le lavoratrici, al raggiungimento di 55 anni e 7 mesi di età, con invalidità civile dall'80% potranno anticipare di 5 anni il momento della pensione. Sono esclusi i dipendenti del pubblico impiego.-


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martedì 24 marzo 2020

TFR (Trattamento di Fine Rapporto - TFS (Trattamento di Fine Servizio)

1) T.F.R.:
Il TFR è il trattamento che spetta al lavoratore al momento della cessazione del rapporto in essere con il proprio datore di lavoro, sia che esso avvenga per pensionamento, sia che avvenga per dimissioni, licenziamento o altre ipotesi di cessazione degli effetti del contratto.

Calcolo del TFR lordo:
Per calcolare l’ammontare effettivo del Trattamento di Fine Rapporto, la prima cosa da fare è calcolare l’importo lordo dello stesso.
A tal fine, è necessario prendere in considerazione la retribuzione lorda annua (calcolata con riferimento al periodo 1 gennaio / 31 dicembre) e dividerla per 13,5. Al risultato va detratto lo 0,50% della retribuzione soggetta a contribuzione Inps, a titolo di contributo per il FAP – Fondo Adeguamento Pensione.
In tal modo si ottiene il TFR lordo annuo, che, sommato al TFR accantonato negli anni precedenti e soggetto a rivalutazione al 31 dicembre, dà come risultato il TFR lordo complessivo.

Calcolo del TFR netto:
Per la determinazione del TFR netto bisogna  calcolare l’aliquota Irpef media da applicare alla base imponibile.
L’aliquota Irpef media, in particolare, è pari al rapporto tra l’imposta determinata applicando al reddito annuale di riferimento l’aliquota IRPEF vigente e l’ammontare del reddito annuo di riferimento.
L’aliquota così calcolata si applica alla base imponibile e si ottiene, quindi, il TFR netto.
Si ricorda che l’aliquota Irpef vigente, determinata a scaglioni, è la seguente:
TFR lordo sino a 15mila euro: tassazione del 23%;
Parte di TFR lordo eccedente i 15mila euro e sino a 28mila euro: tassazione del 27%;
Parte di TFR lordo eccedente i 28mila euro e sino a 55mila euro: tassazione del 38;
Parte di TFR lordo eccedente i 55mila euro e sino a 75mila euro: tassazione del 41%;
Parte di TFR lordo eccedente i 75mila euro: tassazione del 43%.
Un esempio di calcolo per comprendere meglio
Si supponga che il TFR lordo complessivo corrisponda 25.000,00 euro, che il lavoratore abbia lavorato per dieci anni e che il reddito annuale di riferimento sia quindi pari a 30.000,00 euro (25.000,00 / 10 anni lavorati x 12).
L’imposta relativa al reddito di riferimento è 7.500,00 euro, ovverosia la somma tra 3.450,00 (23% di 15.000,00) e 4.050,00 (27% degli ulteriori 15.000,00).
L’aliquota media di riferimento è, quindi, del 25%, calcolato secondo la seguente formula:
7.500,00 euro (imposta relativa al reddito di riferimento) / 30.000,00 euro (reddito annuale di riferimento) x 100.
L’imposta da applicare, pertanto, è di 6.250,00 euro, ovverosia 25.000,00 euro (reddito lordo) x 25% (aliquota media).
In conclusione, il TFR netto è uguale a 18.750,00 euro, dato dalla differenza tra 25.000,00 euro (reddito lordo) e 6.250,00 euro (imposta).

La previdenza complementare:
A partire dal 1° gennaio 2007,  per effetto dell'entrata in vigore del T.U. della previdenza complementare (d. lgs. n. 252/2005, emanato in attuazione della legge delega n. 243/2004), ciascun lavoratore è chiamato a decidere se destinare il proprio TFR alle forme pensionistiche complementari (indicando il fondo pensione prescelto) oppure se mantenerlo presso il datore di lavoro, formulando esplicito rifiuto, altrimenti l'adesione al fondo complementare avviene automaticamente tramite il meccanismo del silenzio-assenso. 

La scelta va effettuata entro 6 mesi dall'assunzione, se avvenuta successivamente all'entrata in vigore della riforma (mentre per i lavoratori già in servizio è stata espressa entro il 30.6.2007).
In ogni caso, anche laddove il lavoratore non aderisca alla previdenza complementare, la legge prevede per le aziende con almeno 50 dipendenti che le quote accantonate di TFR non rimangano presso il datore di lavoro, dovendo confluire nell'apposito fondo istituito presso l'Inps.

Il fondo di garanzia:
Il "Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto" è stato istituito presso l'Inps dall'art. 2 della l. n. 297/1982, "con lo scopo di sostituirsi al datore di lavoro in caso di insolvenza del medesimo nel pagamento del TFR, di cui all'art. 2120 c.c., spettante ai lavoratori o loro aventi diritto" ed esteso dal d.lgs. n. 80/1992 anche ai crediti di lavoro diversi dal TFR secondo i presupposti dettati dall'art. 2 dello stesso.
La condizione necessaria per far sorgere il diritto al pagamento del TFR a carico del Fondo di garanzia è l'intervento della situazione di insolvenza del datore di lavoro (Cass. n. 9068/2013) e i casi in cui il lavoratore o i suoi aventi diritto possono richiedere il pagamento del trattamento di fine rapporto e dei relativi crediti accessori sono espressamente disciplinati dall'art. 2, commi 2-5 della l. n. 297/1982 (fallimento, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa, esperimento esecuzione forzata quando le garanzie patrimoniali risultino in tutto o in parte insufficienti).
Il comma 7 dell'art. 2 l. n. 297/1982 prevede, inoltre, che il fondo effettui i pagamenti entro 60 giorni dalla richiesta dell'interessato, decorrenti dal momento in cui viene consegnata la domanda, corredata della necessaria documentazione, all'ufficio competente (Cass. n. 1052/1991).

L'anticipazione del TFR:
L'art. 2120, comma 6 e ss., c.c. prevede che il lavoratore, con almeno otto anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro, possa chiedere, in costanza di rapporto, un'anticipazione del TFR non superiore al 70% sul trattamento cui avrebbe diritto nel caso di cessazione del rapporto alla data della richiesta.
Il datore di lavoro concede le anticipazioni richieste annualmente entro i limiti del 10% degli aventi titolo e comunque del 4% del numero totale dei dipendenti.
Come espressamente disposto dall'art. 2120 c.c., la richiesta deve essere giustificata dalla necessità di far fronte:
- a spese sanitarie per terapie o interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche. Il carattere di straordinarietà che giustifica la concessione dell'anticipazione va inteso nel senso di particolare complessità o pericolosità delle terapie e degli interventi (Pret. Firenze 30.3.1983) ovvero di rilevanza importanza medico-economica (Cass. n. 3046/1990);
- all'acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli, documentato con atto notarile. Il diritto sussiste anche nel caso in cui l'acquisto venga effettuato dal coniuge in comunione dei beni (Cass. n. 10371/1994);
L'art. 5 del d.lgs. n. 151/2001 ai sensi dell'art. 7 della l. n. 53/2000 prevede, inoltre, che è possibile ottenere l'anticipazione del TFR per far fronte alle spese da sostenere durante i periodi di fruizione dei "congedi parentali".
Ai fini dell'anticipazione, possono essere previste condizioni di miglior favore sia dai contratti collettivi che da patti individuali.
L'anticipazione, secondo il disposto del comma 9 dell'art. 2120 c.c., può essere ottenuta una sola volta nel corso del rapporto di lavoro e l'importo anticipato viene detratto dal trattamento spettante a fine rapporto.

2) TFS (Trattamento di fine servizio) x statali e dipendenti pubblici
Il Trattamento di Fine Servizio ha molte analogie con il TFR dei Dipendenti Privati ma le differenze sono abbastanza rilevanti. La più importante è il sistema di calcolo che si basa sul sistema retributivo anziché contributivo.
Al momento del pensionamento i dipendenti statali e pubblici beneficiano di una buonuscita che dipende dal numero di anni di servizio e dalla funzione svolta.
Per gli assunti prima del 2001 la buonuscita prende il nome di TFS (Trattamento di Fine Servizio) e viene calcolata in base agli ultimi stipendi percepiti (metodo retributivo) mentre per gli assunti dopo tale data il calcolo viene effettuato su base contributiva e quindi in base alle contribuzioni effettivamente versate.

Tempi di liquidazione del TFS:
La legge di stabilità del 2014 ha stabilito tempi sempre più lunghi per la liquidazione del TFR (Trattamento di fine rapporto) e del TFS (trattamento di fine servizio) dovuti a statali e dipendenti pubblici. Si deve attendere un periodo da 3 mesi e mezzo a 27 mesi. E se la prestazione supera un certo importo, la somma è frazionata in 2 o 3 rate annuali.-
-       Per i pensionamenti per inabilità o decesso, blocco di 3 mesi e altri 15 giorni per consentire all’INPS di liquidare la domanda, in totale 3 mesi e mezzo.-
-       Il blocco sale a un anno (cui si aggiungono i 3 mesi per lavorare la pratica; nel complesso 15 mesi per raggiungimento dei limiti di età o dei limiti di servizio, per cessazione del lavoro a tempo determinato o per risoluzioni unilaterali dell’amministrazione (esempio per gli esuberi).-
-       Il blocco sale a 27 mesi (24+3) nei casi di dimissioni volontarie, per licenziamenti e destituzioni.-
Se si superano i tempi indicati l’INPS deve riconoscere sulle somme gli interessi di mora.-
Terminata l’attesa scatta un’altra norma di legge che divide in rate annuali la buonuscita quando supera i 50 mila euro lordi.-
-       Se la buonuscita non supera 50 mila euro lordi il pagamento è completo.-
-       Tra 50 mila e 100 mila euro lordi il pagamento è diviso due tranches annuali: 50 mila euro il primo anno e la rimanenza il secondo.-
-       Oltre 100 mila euro il pagamento è in tre rate: 50 mila il primo anno, 50 mila il secondo, la rimanenza il terzo.-  

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