lunedì 22 settembre 2008

Aborto

Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza. Legge 194/78:

Art. 1) Lo stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio.-
L’interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è un mezzo per il controllo delle nascite. Lo stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che l’aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite.-

Art. 2) I consultori familiari istituiti dalla legge 29 luglio 1975 n. 405, fermo restando quanto stabilito dalla stessa legge, assistono la donna in stato di gravidanza: a) informandola sui diritti a lei spettanti in base alla legislazione statale e regionale, e sui servizi sociali, sanitari e assistenziali concretamente offerti dalle strutture operanti nel territorio, b) informandola sulle modalità idonee a ottenere il rispetto delle norme della legislazione sul lavoro a tutela della gestante; c) attuando direttamente o proponendo allo ente locale competente o alle strutture sociali operanti nel territorio speciali interventi, quando la gravidanza o la maternità creino problemi per risolvere i quali risultino inadeguati i normali interventi di cui alla lettera a); d) contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza. I consultori sulla base di appositi regolamenti o convenzioni possono avvalersi, per i fini previsti dalla legge, della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita. La somministrazione su prescrizione medica, nelle strutture sanitarie e nei consultori, dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte in ordine alla procreazione responsabile è consentita anche ai minori.-
Art. 3) omissis
Art. 4) Per l’interruzione volontaria della gravidanza entro i primi novanta giorni, la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito, si rivolge ad un consultorio pubblico istituito ai sensi dell’articolo 2, lettera a), della legge 29 luglio 1975 numero 405, o a una struttura socio-sanitaria a ciò abilitata dalla regione, o a un medico di sua fiducia.-

Art. 5) Il consultorio e la struttura socio-sanitaria, oltre a dover garantire i necessari accertamenti medici, hanno il compito in ogni caso, e specialmente quando la richiesta di interruzione della gravidanza sia motivata dall’incidenza delle condizioni economiche, o familiari sulla salute della gestante, di esaminare con la donna e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna e della persona indicata come padre del concepito, le possibili soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza, di metterla in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre, di promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto. Quando la donna si rivolge al medico di sua fiducia questi compie gli accertamenti sanitari necessari, nel rispetto della dignità e della libertà della donna; valuta con la donna stessa e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna e della persona indicata come padre del concepito, anche sulla base dell’esito degli accertamenti di cui sopra, le circostanze che la determinano a chiedere l’interruzione della gravidanza; la informa sui diritti a lei spettanti e sugli interventi di carattere sociale cui può fare ricorso, nonché sui consultori e le strutture socio-sanitarie. Quando il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, riscontra l’esistenza di condizioni tali da rendere urgente l’intervento, rilascia immediatamente alla donna un certificato attestante l’urgenza. Con tale certificato la donna stessa può presentarsi ad una delle sedi autorizzate a praticare la interruzione della gravidanza. Se non viene riscontrato il caso di urgenza, al termine dell’incontro il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, di fronte alla richiesta della donna di interrompere la gravidanza sulla base delle circostanze di cui all’articolo 4, le rilascia copia di un documento, firmato anche dalla donna, attestante lo stato di gravidanza e l’avvenuta richiesta, e la invita a soprassedere per sette giorni. Trascorsi i sette giorni, la donna può presentarsi, per ottenere la interruzione della gravidanza, sulla base del documento rilasciatole ai sensi del presente comma, presso una delle sedi autorizzate.-

Art. 6) L’interruzione della gravidanza dopo i primi novanta giorni può essere praticata: a) quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna b) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.-

Art. 7) I processi patologici che configurino i casi previsti dall’articolo precedente vengono accertati da un medico del servizio ostetrico-ginecologico dell’ente ospedaliero in cui deve praticarsi l’intervento, che ne certifica l’esistenza.-
Qualora l’interruzione della gravidanza si renda necessaria per imminente pericolo di vita della donna, l’intervento può essere praticato anche senza lo svolgimento delle procedure previste dal comma precedente e al di fuori delle sedi di cui all’articolo 8.-

Art. 8 ) L’interruzione della gravidanza è praticata da un medico del servizio ostetrico-ginecologico presso un ospedale generale tra quelli indicati nell’articolo 20 della legge 12 febbraio 1968, numero 132, il quale verifica anche l’inesistenza di controindicazioni sanitarie. Nei primi novanta giorni l’interruzione della gravidanza può essere praticata anche presso case di cura autorizzate dalla regione, fornite di requisiti igenico-sanitarie e di adeguati servizi ostetrico-ginecologici.-

Art. 9) Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure di cui agli articoli 5 e 7 ed agli interventi per l’interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione.
l’obiezione di coscienza non può essere invocata dal personale sanitario, ed esercente le attività ausiliarie quando, data la particolarità delle circostanze, il loro personale intervento è indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo.-
Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare lo espletamento delle procedure previste dall’articolo 7 e l’effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8. La regione ne controlla e garantisce l’attuazione anche attraverso la mobilità del personale.-

Art. 10) Sono a carico della regione tutte le spese per eventuali accertamenti, cure o degenze necessarie per il compimento della gravidanza, nonché per il parto, riguardanti le donne che non hanno diritto all’assistenza mutualistica.-

Art. 11) omissis

Art. 12) La procedura di interruzione della gravidanza secondo le procedure della presente legge è fatta personalmente dalla donna. Se la donna è di età inferiore ai diciotto anni, per l’interruzione della gravidanza è richiesto l’assenso di chi esercita sulla stessa la potestà o la tutela.-

Art. 13) Se la donna è interdetta per infermità mentale, la richiesta di cui agli articoli 4 e 6 può essere presentata, oltre che da lei personalmente, anche dal tutore o dal marito non tutore, che non sia legalmente separato.-

Art. 14) Il medico che esegue l’interruzione della gravidanza è tenuto a fornire alla donna le informazioni e le indicazioni sulla regolazione delle nascite, nonché a renderla partecipe dei procedimenti abortivi, che devono comunque essere attuati in modo da rispettare la dignità personale della donna. In presenza di processi patologici, fra cui quelli relativi ad anomalie o malformazioni del nascituro, il medico che esegue l’interruzione della gravidanza deve fornire alla donna i ragguagli necessari per la prevenzione di tali processi.-
Art. 15) omissis
Art. 16) omissis
Art. 17) Chiunque cagiona ad una donna per colpa l’interruzione della gravidanza è punito con la reclusione da tre mesi a due anni. Chiunque cagiona ad una donna per colpa un parto prematuro è punito con la pena prevista dal comma precedente, diminuita fino alla metà. Nei casi previsti dai commi precedenti, se il fatto è commesso con la violazione delle norme a tutela del lavoro la pena è aumentata.-

Art. 18 ) Chiunque cagiona l’interruzione della gravidanza senza il consenso della donna è punito con la reclusione da quattro a otto anni. Si considera come non prestato il consenso estorto con violenza o minaccia ovvero carpito con l’inganno. La stessa pena si applica a chiunque provochi l’interruzione della gravidanza con azioni dirette a provocare lesioni alla donna. Detta pena è diminuita fino alla metà se da tali lesioni deriva l’acceleramento del parto. Se dai fatti previsti dal primo e dal secondo comma deriva la morte della donna si applica la reclusione da otto a sedici anni; se ne deriva una lesione personale gravissima si applica la reclusione da sei a dodici anni; se la lesione personale è grave questa ultima pena è diminuita. Le pene stabilite dai commi precedenti sono aumentate se la donna è minore degli anni diciotto.-

Art. 19) Chiunque cagiona l’interruzione volontaria della gravidanza senza l’osservanza delle modalità indicate negli articoli 5 o 8, è punito con la reclusione sino a tre anni. La donna è punita con la multa fino a lire centomila. Se l’interruzione volontaria della gravidanza avviene senza l’accertamento medico dei casi previsti dalle lettere a) e b) dell’articolo 6 o comunque senza l’osservanza delle modalità previste dall’articolo 7, chi la cagiona è punito con la reclusione da uno a quattro anni. La donna è punita con la reclusione sino a sei mesi. Se dai fatti previsti dai commi precedenti deriva la morte della donna, si applica la reclusione da tre a sette anni; se ne deriva una lesione gravissima si applica la reclusione da due a cinque anni; se la lesione personale è grave questa ultima pena è diminuita. Le pene stabilite dal comma precedente sono aumentate se la morte o la lesione della donna derivano dai fatti previsti dal quinto comma.-

Art. 20) Le pene previste dagli articoli 18 e 19 per chi procura l’interruzione della gravidanza sono aumentate quando il reato è commesso da chi ha sollevato obiezione di coscienza ai sensi dell’articolo 9.-

Art. 21) Chiunque, fuori dei casi previsti dall’articolo 326 del codice penale, essendone venuto a conoscenza per ragioni di professione o di ufficio, rivela l’identità - o comunque divulga notizie idonee a rivelarla - di chi ha fatto ricorso alle procedure o agli interventi previsti dalla presente legge, è punito a norma dell’articolo 622 del codice penale.-
Art. 22) omissis

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Non riconoscimento

Diritto al non riconoscimento del figlio.

Il valore di una società si misura prioritariamente sul senso che essa riconosce alla vita ed alla dignità di ciascuna persona quale figlia unigenita della vita stessa.-

La legislazione italiana tutela i diritti di chi genera e di chi nasce, al suo interno il rispetto dei diritti dell’adulto non si contrappone, ma è funzionale al rispetto dei diritti del minore.-

Alla donna viene riconosciuto il diritto preliminare ad essere informata, il diritto se riconoscere o meno come figlio il bambino generato, il diritto alla segretezza del parto qualora abbia già deciso di non riconoscere il proprio nato e il diritto alla necessaria assistenza. Inoltre, qualora non abbia ancora maturato la propria decisione in ordine al riconoscimento, può richiedere al Tribunale per i minorenni un ulteriore periodo di riflessione, al massimo di due mesi, attivando la sospensione della procedura di dichiarazione di adottabilità del minore.-

Al bambino viene riconosciuto il diritto a crescere in una famiglia, anche diversa da quella di origine, in grado di garantirgli le condizioni adeguate ad un armonico sviluppo psico-affettivo e fisico.-

E’ importante che tutte le donne italiane, ma soprattutto le immigrate, sappiano che in Italia è possibile partorire in ospedale senza fornire le proprie generalità e lasciando il proprio bambino alla struttura sanitaria che provvederà ad avviarlo all’adozione.-

Secondo i dati dei tribunali dei minori sulle dichiarazioni di adottabilità, in Italia ogni anno in media 400 bambini non sono riconosciuti alla nascita.-

La donna ha il diritto ad essere aiutata e informata sul fatto che può partorire senza riconoscere il figlio e senza che il suo nome compaia sull’atto di nascita; il bambino quindi non avrà il suo cognome. (Codice Civile art. 250).-

La donna ha il diritto ad una rigorosa protezione del segreto del suo nome, qualora non voglia riconoscere il figlio (Legge 8.5.1927 n. 789 art. 9 - art. 622.326 Codice Penale).-

E’ rigorosamente vietato rivelare il nome della madre che non intende riconoscere il figlio; Coloro che per motivi d’ufficio sono venuti a conoscenza del nome della madre, hanno il rigido divieto di rivelare tale conoscenza (art. 163-177-622 Codice Penale) e commettono reato se lo rivelano.-

Nel caso in cui non risulti l’esistenza di genitori naturali che abbiano riconosciuto il minore, il Tribunale dei Minorenni, senza eseguire ulteriori accertamenti, provvede immediatamente alla dichiarazione dello stato di adottabilità.-

Il Tribunale qualora il minore non sia riconosciuto dalla madre, non può fare ricerche sulla paternità del bambino (Legge 184/83, art. 11).-

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martedì 16 settembre 2008

Pari opportunità

Legislazione italiana sulle pari opportunità

Costituzione Italiana: art. 51: condizioni di eguaglianza uomini/donne

Tutti i cittadini dell’uno e dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tal fine la repubblica promuove le pari opportunità tra donne e uomini.-

Legge n. 164 del 1990: Parità e pari oppurtunità

Istituisce la Commissione Nazionale per la pari parità e le pari opportunità tra uomo e donna presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.-

Legge n. 125 del 1991: parità uomo-donna nel lavoro

  • Istituisce il Comitato nazionale per l’attuazione dei principi di parità di trattamento e di uguaglianza di opportunità tra lavoratori e lavoratrici, con compiti sia di informazione e sensibilizzazione sia di controllo e verifica dei progetti di azioni positive.-
  • Istituisce le figure di Consiglieri e Consigliere di parità anche a livello provinciale: pubblici funzionari, il cui compito è promuovere iniziative contro la discriminazione sessuale.-
  • Prevede finaziamenti ad hoc per la realizzazione di progetti di azioni positive
Legge 21/5/1992: Imprenditoria femminile
  • Promuove l’uguaglianza sostanziale e le pari opportunità per uomini e donne nell’attività economica e imprenditoriale.
  • Favorisce la creazione e lo sviluppo dell’imprenditoria femminile, anche in forma cooperativa.
  • Promuove la formazione imprenditoriale e la professionalità delle donne imprenditrici.
  • Agevola l’accesso al credito per le imprese a conduzione o a prevalente partecipazione femminile.
  • Favorisce la qualificazione imprenditoriale e la gestione delle imprese familiari da parte delle donne.
  • Promuove la presenza delle imprese a conduzione o a prevalente partecipazione femminile nei comparti più innovativi dei diversi settori produttivi.
Decreto Legislativo n. 29 del 1993: disciplina in materia di pubblico impiego
  • Stabilisce che le amministrazioni pubbliche debbano garantire parità e pari opportunità tra uomini e donne per l’accesso al lavoro ed al trattamento sul lavoro.
  • Istituisce le quote di donne nelle commissioni di concorso.
  • Stabilisce la partecipazione delle dipendenti delle amministrazioni pubbliche ai corsi di formazione e di aggiornamento professionale in rapporto proporzionale alla loro presenza nelle amministrazioni.
Legge 53/2000: sostegno della maternità e della paternità
  • Provvede a coordinare ed armonizzare attraverso un testo unico le disposizioni in materia di tutela e sostegno della maternità della paternità.
  • Comprende tutte regole sui permessi fruibili dalle mamme e dai papà per badare ai figli in tenera età ed è caratterizzato da una puntuale individuazione del testo vigente delle disposizioni.
Decreto Legislativo n. 196 del 2000: attività delle consigliere e dei consiglieri di parità
  • La cosiddetta "nuova 125" potenzia le funzioni delle consigliere di parità, ampliando il ruolo in giudizio, istituendo un fondo di 20 miliardi finanziato dal Ministero del Lavoro e creando la rete nazionale delle consigliere.
  • Le discriminazioni possono essere dirette (assunzioni rivolte a soli uomini, mancata assunzione delle donne sposate, licenziamento delle donne in attesa, assegnazione delle mansioni), oppure indirette (selezione, carriera, formazione, assunzioni nominative per soli uomini e mancanza di servizi).
LGS 9 luglio 2003 n. 216: parità di trattamento in materia di occupazione e condizioni di lavoro
Il principio di parità di trattamento senza distinzione di religione, di convinzioni personali, di handicap, di età e di orientamento sessuale si applica a tutte le persone sia nel settore pubblico che privato ed è suscettibile di tutela giurisdizionale secondo le forme previste dall’articolo 4, con specifico riferimento alle seguenti aeree:
  • Accesso all’occupazione e al lavoro, sia autonomo che dipendente, compresi i criteri di selezione e le condizioni di assunzione.-
  • Occupazione e condizioni di lavoro, compresi gli avanzamenti di carriera, la retribuzione e le condizioni del licenziamento.-
  • Accesso a tutti i tipi e livelli di orientamento e formazione professionale, perfezionamento e riqualificazione professionale, inclusi i tirocini professionali.-
  • Affiliazione e attività nell’ambito di organizzazioni di lavoratori, di datori di lavoro o di altre organizzazioni professionali e prestazioni erogate dalle medesime organizzazioni.-
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